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INTERDITTIVA – ALTRA IMPORTANTE SENTENZA DEL CGA – Non discrezionalità ma “valutazione tecnica”. Insufficienza dei meri sospetti.

13 Gennaio 2018 | By More

INTERDITTIVE ANTIMAFIA – IL C.G.A. AVVERTE: ai prefetti non è dato “un potere extra ordinem” altrimenti “si perverrebbe ad un aberrante meccanismo … simile a quella su cui si fondava … l’inquisizione medievale” – Sentenza 3.8.2016, pres. Zucchelli, rel. Modica de Mohac

C.G.A. 3.8.2016 n. 257, sentenza, pres. Zucchelli, rel. Modica de Mohac

 

1. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Garanzie in tema di repressione penale – Applicabilità nella sua interezza all'interdittiva – Esclusione.

2. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Garanzie in tema di applicazione delle misure di prevenzione – Applicabilità all'interdittiva a maggior ragione.

3. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Applicazione della interdittiva antimafia – Necessità di particolare prudenza e specifiche cautelare per evitare censure di incostituzionalità o violazione di diritti inviolabili garantiti dal diritto comunitario ed internazionale.

4. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Attuazione del principio di legalità attraverso la delimitazione obiettiva e la definizione rigorosa della fattispecie: artt. 84, comma 4, 85, comma 6, e 91 comma 6, d.lgv. 159/2011.

5. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Individuazione, attraverso gli artt. 84, comma 4, 85, comma 6, e 91 comma 6, d.lgv. 159/2011: a) dei soggetti "mafiosi" e "presunti mafiosi"; b) delle caratteristiche della loro condotta; c) degli elementi utili per la verifica della situazione di pericolo.

6. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Determinazione, attraverso gli artt. 84, comma 4, 85, comma 6, e 91 comma 6, d.lgv. 159/2011, di una nozione tecnica, e non meramente sociologica, di "tentativo di infiltrazione mafiosa" e in base a meri sospetti ("su cui si fondava … l'inquisizione medievale")

7. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Precedenti mafiosi con esiti assolutori o liberatori – Irrilevanza ai fini della pericolosità.

8. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Mera frequentazione di un presunto mafioso o di un soggetto acclaratamente mafioso – Irrilevanza ai fini del contagio.

9. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Possibilità anche di un'interdittiva antimafia basata su considerazioni induttive o deduttive diverse da quelle espressamente individuate dal Legislatore –  Ma inesistenza di un potere extra ordinem imperniato su un inedito "principio del libero convincimento".

10. – Pubblica sicurezza – Interdittiva antimafia – Pericolo di infiltrazioni mafiose – Desumibilità dalle frequentazioni di "mafiosi" o "presunti mafiosi" in senso tecnico – Condizioni.

                                                 

1. – Allo stato del dibattito culturale in tema di misure di prevenzione, non può essere accettata l’idea secondo cui il regime di garanzie che assiste il sistema della repressione penale debba essere esteso ed applicato nella sua totalità al sistema della prevenzione. L’affermazione dell’opposto principio determinerebbe, invero, la (pressocchè totale) soppressione del sistema di prevenzione (o la costruzione di un sistema ibrido, malfunzionante).

2. –  Si applicano a maggior ragione all'interdittiva antimafia le regole valevoli in tema di misure di prevenzione in merito alle quali la Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi affermando che “Il principio di legalità in materia di prevenzione, il riferimento, cioè, ai ‘casi previsti dalla legge’, lo si ancori all'art. 13 ovvero all'art. 25, terzo comma, Cost., implica che la applicazione della misura, ancorché legata, nella maggioranza dei casi, ad un giudizio prognostico, trovi il presupposto necessario in ‘fattispecie di pericolosità’, previste e  descritte dalla legge; fattispecie destinate a costituire il parametro dell'accertamento giudiziale e, insieme, il fondamento di una prognosi di pericolosità, che solo su questa base può dirsi legalmente fondata” (Corte Cost., n.177/1980).

3. – L’ "interdittiva antimafia" è, infatti, una misura di prevenzione sui generis in quanto – come chiarito dalla Giurisprudenza – finisce inevitabilmente per determinare un pregiudizio anche nei confronti dei soggetti che hanno subito l’azione di infiltrazione, e cioè sia a carico dei soggetti passivi nella c.d. “contiguità soggiacente” (di cui in C.S., VI^, 30.12.2005 n.7619 che ne tratteggia la differenza rispetto alla diametralmente opposta c.d. “contiguità compiacente”) sia – paradossalmente – a carico di soggetti terzi estranei e totalmente incolpevoli; ragion per cui la sua applicazione dev’essere ‘dosata’ con particolari prudenza ed equilibrio ed avvolta da specifiche ‘cautele’ (così, testualmente, in CS, V^, 27.6.2006 n.4135; CS, IV^, 4.5.2004 n.2783) affinchè sia scongiurato il rischio che la normativa che la disciplina subisca censure di incostituzionalità o determini procedimenti di infrazione per violazione di diritti inviolabili garantiti dal diritto comunitario ed internazionale, o venga comunque censurata dagli Organi della Giustizia comunitaria.

4. – Il Legislatore, consapevole della potenza dirompente dell’istituto interdittivo e della sua concreta idoneità (o tendenza) a ledere taluni fondamentali ‘diritti di libertà’, in conformità al principio di tipicità, fin da tempo risalente, ha delimitato la fattispecie di pericolo con una certa precisione, individuando ed indicando, ai fini della corretta applicazione delle norme che disciplinano l’utilizzazione della misura in questione, gli indici rivelatori o sintomatici della esistenza di infiltrazioni mafiose, in precedenza identificati dall'art. 4 d.lgv. 490/1994 e dall'art. 10, comma 7, del d.P.R. 252/1998, ed ora individuati nel codice antimafia dagli artt. 84, comma 4, 85, comma 6, e 91 comma 6. Sicchè, in base a tali norme, è possibile pervenire ad una delimitazione obiettiva e ad una definizione rigorosa della fattispecie indicata come “tentativo di infiltrazione mafiosa” e ad una nozione tecnica di tale fattispecie.

5. – Il Legislatore, con gli artt. 4 d.lgv. 490/1994 e 10, comma 7, del d.P.R. 252/1998, ed ora con gli artt. 84, comma 4, 85, comma 6, e 91 comma 6, del codice antimafia, ha individuato ed indicato: – sia i soggetti che per precedenti penali, carichi pendenti o posizione giudiziaria, o per altre circostanze ad essi riferibili (ad esempio la “convivenza” o la “coabitazione”) siano da considerare “mafiosi”, o comunque in qualche modo “contigui alla mafia” (o ad altre organizzazioni criminali equiparate) e dunque ‘presunti mafiosi’ ed intrinsecamente pericolosi; – sia le caratteristiche oggettive e soggettive che la loro condotta deve presentare per essere considerata come indice rivelatore di pericolosità; – sia, ancora, gli elementi che devono essere valutati al fine di verificare la effettiva e concreta sussistenza della situazione di pericolo o di rischio che giustifica l’adozione della misura.

6. – Dall’analisi e dalla ricostruzione sistematica della predetta (disorganica e frammentaria) normativa è possibile pervenire ad una delimitazione obiettiva e ad una definizione rigorosa della fattispecie indicata come “tentativo di infiltrazione mafiosa” e ad una nozione tecnica di tale fattispecie. Se infatti prevalesse una nozione meramente sociologica (anzicchè tecnicamente giuridica) del fenomeno associativo mafioso, si finirebbe per giungere ad una estensione extra ordinem (incontrollata ed incontrollabile) del concetto di ‘pericolosità sociale’ che potrebbe innescare meccanismi abnormi e perversi dei quali potrebbero finire per beneficiare, paradossalmente, gli stessi gruppi criminali; se fosse possibile qualificare "mafioso" un soggetto sulla scorta di meri sospetti si perverrebbe ad un aberrante meccanismo di estensione a catena della pericolosità simile a quella su cui si fondava … l'inquisizione medievale.

7. – Nel rispetto dei principi di legalità e di certezza del diritto – per essere considerato mafioso non è (e non può essere) sufficiente aver subìto – con l’accusa di cui all’art.416 bis del codice penale – un procedimento penale poi conclusosi con un proscioglimento o con una assoluzione; o un ‘procedimento di prevenzione antimafia’ conclusosi – magari svariati anni prima – con formula liberatoria, o avere subìto una ‘misura di prevenzione’ annullata per difetto dei presupposti applicativi; o essere stato ‘illo tempore’ condannato per associazione di stampo mafioso (o per concorso esterno in associazione mafiosa) pur avendo ormai scontato la pena ed ottenuto la riabilitazione (così, pacificamente, in: CS, VI^, 3.9.2009 n.5194; CS, V^, 26.11.2008 n.5846; CS, VI^, 9.9.2008 n.4306; CS., V^, 31.5.2007 n.2828; CS.VI^, 25.9.2008 n.5780). Similmente non è sufficiente far parte (o intrattenere rapporti di amicizia con un membro) di una famiglia che annoveri fra i suoi componenti uno o più soggetti che abbiano subìto i predetti procedimenti con gli esiti assolutori o liberatori sopra indicati.

8. – La mera frequentazione di un presunto mafioso (ma tale considerazione vale anche per l’ipotesi di mera frequentazione di un soggetto acclaratamente mafioso) non può determinare il ‘contagio’; altrimenti  si determinerebbe una catena infinita di presunzioni atte a colpire un numero enorme di soggetti senza alcuna seria valutazione in ordine alla loro concreta vocazione criminogena con instaurazione di un regime di polizia.

9. – L’elenco degli elementi da cui desumere la sussistenza della situazione di pericolo di infiltrazioni mafiose desumibile dalle norme sopra citate non è tassativo. Ed invero l’art.10, comma 7, lettera ’c’ del DPR 3 giugno 1998 n.252 (che, come già osservato, è applicabile alla fattispecie ratione temporis) e, oggi (a regime), gli artt. 84, comma 4, lett. ‘d’ ed ‘e’, 91, comma 6, nonchè 93, commi 2 e 4, del codice antimafia lasciano desumere che il provvedimento interdittivo possa basarsi – ove se ne ravvisi la necessità – su considerazioni induttive o deduttive diverse da quelle che hanno spinto il Legislatore ad indicare (con la rilevata precisione) gli “indici presuntivi” fin qui descritti. Tuttavia tali norme non hanno la funzione logico-giuridica, né la forza e l’effetto, di estendere ad libitum la categoria dei “presunti mafiosi” (e delle presunzioni destinate ad accompagnare tali individui). Il complesso di poteri da esse attribuiti ai prefetti non va dunque equiparato ad un’autorizzazione – extra ordinem – a tralasciare di compiere indagini fondate su condotte e/o su elementi di fatto percepibili (e/o ad omettere nel provvedimento interdittivo ogni riferimento ad indici obiettivi rivelatori di pericolosità); né può essere considerato come una sorta di viatico per l’affermazione di un inedito “principio del libero convincimento” in ordine alla pericolosità da infiltrazione mafiosa.

10. – Il pericolo della sussistenza di infiltrazioni mafiose può essere desunto  anche dal fatto che soci e/o amministratori dell’impresa o della società soggetta a controllo “frequentano” soggetti che siano qualificabili, in senso tecnico, "mafiosi" o "presunti mafiosi"). Ma le presunzioni dovranno essere gravi, precise e concordanti. Non è sufficiente, al riguardo, affermare nel provvedimento interdittivo che un determinato soggetto è stato “notato” accompagnarsi con un soggetto malavitoso. Occorrerà precisare la ragione tecnica per la quale quest’ultimo va considerato mafioso (nel senso tecnico fin qui indicato; e non già nel significato sociologico e non giuridico che il termine spesso assume); le circostanze di tempo e di luogo in cui è stato identificato; e le ragioni logico-giuridiche per le quale si ritiene che si tratta non di mero incontro occasionale (o di incontri sporadici), ma di “frequentazione” effettivamente rilevante (ossia di relazione periodica, duratura e costante volta ad incidere sulle decisioni imprenditoriali).

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Per leggere la sentenza clicca sul seguente link:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mjuw/~edisp/kwl7bw3c5qnhmcvppxpuhugy7i.html

 

4 Novembre 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – il TAR si esprime sulla valutazione del quadro indiziario – TAR Palermo, 23.7.2014 n.1951

TAR Palermo – Sezione Prima – Sentenza del 23 luglio 2014 numero 1951

Informativa antimafia – valutazione del quadro indiziario.

1.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Valutazioni del Prefetto sulla scorta di un quadro indiziario dal quale emergano rischi di infiltrazione – Emanazione – Possibilità – Sussiste – Fattispecie appalti pubblici.

Il Prefetto, nel rendere le informazioni richieste ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998, non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni.

2.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Valutazione tentativi di infiltrazione – Fattispecie.

L’ampiezza dei poteri di accertamento, resa necessaria dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, giustifica che il Prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali, segnalazioni delle Forze dell’Ordine; accertate cointeressenze economiche con società riconducibili, direttamente o indirettamente, a soggetti controindicati, o ritenuti di particolare interesse operativo dagli organi investigativi; dichiarazioni di pentiti – ma che, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.

3.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – E’ sindacabile solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità.

La discrezionalità delle valutazioni effettuata è particolarmente ampia ed è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità, con riferimento al significato attribuito agli elementi di fatto e all’iter seguito per pervenire a certe conclusioni (1).

(1) Consiglio di Stato, V, 1 ottobre 2010, n. 7260; IV, 14 aprile 2010, n. 2078 e VI, 18 agosto 2010, n. 5880, 14 aprile 2009, n. 2276.

4.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Giudizio sui rischi di inquinamento mafioso – Valutazione modalità operative delle organizzazioni criminali – Necessità.

Nel formulare un giudizio sui rischi di inquinamento mafioso, le Prefetture non possono non tener conto delle modalità operative secondo le quali operano le organizzazioni criminali, e della varia natura di rapporti intercorrenti tra gli associati, i favoreggiatori e i semplici fiancheggiatori delle predette organizzazioni, con la conseguenza che gli elementi sintomatici di una possibile ingerenza non possono essere valutati alla stregua di astratti modelli di comportamento o di vincoli interpersonali configurati in precisi modelli giuridici; piuttosto, i predetti indizi sintomatici vanno apprezzati in concreto, in relazione cioè allo specifico contesto sociale in cui sono stati raccolti e per il significato che possono assumere in detta trama di rapporti (2).

(2) C.G.A. in sede giurisd., 27 settembre 2011, n. 589.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – Sulla necessità che si ricerchi un prudente punto di equilibrio – CGA 2.10.2015 n. 627

C.G.A. 2 .10. 2015 n. 627 – Sentenza.

1.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Pericolo di infiltrazione – Fondato solo su rapporti familiari – Insufficienza

La sussistenza di rapporti di parentela, coniugio o affinità con soggetti ritenuti in possibile contiguità con la malavita organizzata non è sufficiente da sola a suffragare l’ipotesi della sussistenza di tentativi d’infiltrazione mafiosa, dovendosi quest’ultima basarsi, anche su altri elementi, sia pure indiziari, tali nel loro complesso da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività di impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.

2.- Ordine pubblico e sicurezza pubblica – Informativa antimafia – Pericolo di infiltrazione – Fondato solo su rapporti familiari – Insufficienza

I provvedimenti interdittivi impattano su diritti fondamentali che spettano a tutti, in quanto uomini, senza distinzione alcuna e producono a volte effetti devastanti di gran lunga più gravi delle sentenze penali. Sicché, da un lato va valorizzato il potere di prevenire, o troncare se già in corso, tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore dell’imprenditoria (per arginare la grave piaga della delinquenza organizzata), e dall’altro è necessaria la ricerca di un prudente punto di equilibrio per non svuotare di contenuto diritti ritenuti dalla stessa giurisprudenza amministrativa inalienabili, insopprimibili e incomprimibili.

12 Maggio 2016 | By More

INFORMATIVA ANTIMAFIA – IL TAR SI FERMA INNANZI ALLA DISCREZIONALITÀ DEL PREFETTO – IL C.G.A. VERIFICA LA MOTIVAZIONE DELL’INTERDITTIVA DISPONENDO PUNTUALE ISTRUTTORIA – Ordinanza istruttoria, C.G.A. 13.4.2016

C.G.A. 13.4.2016 n. 77, ord. istr., pres. Zucchelli, rel. Barone (istruttoria su appello avverso Tar Palermo, 10.8.2015, n. 2046, sent., pres. Monteleone, est. Cappellano).

Ordine pubblico – Informativa antimafia – Discrezionalità del prefetto – Controllo giurisdizionale – Limiti – Poteri istruttori del giudice.

Ai fini del decidere il C.G.A. ritiene che sia necessario acquisire da parte della Prefettura intimata una dettagliata relazione in ordine alle seguenti circostanze:

a) se abbia valutato e quale valore abbia attribuito al decreto penale, per le misure di prevenzione, con il quale è stato dichiarato di non farsi luogo all’applicazione della misura di prevenzione nei confronti del sig. M.G.;

b) se abbia valutato e quale valutazione abbia fatto della circostanza che per l’imputazione per il reato di cui all’art. 416 bis nei confronti del sig. M.G. il Pubblico Ministero abbia richiesto l’archiviazione;

c) quale rilevanza attribuisca alla sentenza di questo Consiglio 435/15 e se in particolare abbia tenuto conto delle valutazioni ivi espresse in merito all’inconsistenza delle circostanze poste a fondamento dell’interdittiva del 4.4.2012 indirizzata alla società M. s.r.l., di cui sarebbe titolare il sig. M.G..

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Nota

Il Tribunale, senza disporre istruttoria, ritenuto che la Prefettura nell’emanare le interdittive antimafia gode di ampia discrezionalità sindacabile solo per gravi vizi di eccesso di potere, ha rigettato il ricorso ritenendo che i provvedimenti impugnati fossero immuni dalle critiche mosse dai ricorrenti (dall’ordinanza del CGA).

Il C.G.A. con questa ordinanza consolida la prassi secondo la quale, in tema di interdittiva, a fronte di una contestazione di insussistenza del pericolo di condizionamento mafioso, il giudice amministrativo, di norma, dispone istruttoria.

L’ordinanza del C.G.A. è particolarmente interessante perché, con una tecnica penetrante, chiede la valutazione del Prefetto sugli argomenti difensivi prospettati dal ricorrente ritenuti rilevanti e richiamati espressamente.

Addirittura il C.G.A. al punto “c” chiede al Prefetto la valutazione attuale (“quale rilevanza attribuisca”) e non quella storica, in definitiva introducendo nel provvedimento istruttorio un ordine di riesame.

12 Maggio 2016 | By More