LA MEDIA NON CAMBIA E LA TUTELA GIURISDIZIONALE SVANISCE. Osservazioni alla norma dettata dal comma 2-bis introdotto nell’articolo 38 del codice degli appalti dal d.l. 90/2014 convertito con legge 114/2014

1 Giugno 2017 | By More

1.- La disposizione in commento, chiude il comma 2-bis introdotto nell’articolo 38 del Codice degli appalti dal Dl 90/2014 convertito con legge 114/2014, e statuisce che “ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.=

Sono parse subito evidenti, le problematiche applicative, anche per una non chiarissima formulazione, e la necessità di una precisa definizione dell’ambito operativo (pur con la lodevole finalità, perseguita forse oggi in maniera eccessiva con vari strumenti, sino a limitarlo oltremodo, di ridurre l’aspro contenzioso negli appalti).=

Uno degli aspetti sensibili che, con immediatezza, è stato oggetto di considerazione, ha riguardato i rapporti tra questa norma e le regole costituzionali che assicurano, quale indefettibile principio, la tutela giurisdizionale con ogni mezzo in ogni grado di giudizio.=

In particolare, la questione di maggior interesse si è sostanziata nell’ipotesi in cui, nell’ambito di un procedimento amministrativo contrattuale, si sia registrata una regolarizzazione, ammissione o esclusione illegittima che, se non si fosse verificata, avrebbe determinato l’aggiudicazione dell’appalto a soggetto invece penalizzato proprio dalla commessa illegittimità.=

La norma, in definitiva, impone una sorta di “invarianza” della situazione determinatasi con l’individuazione della soglia di anomalia che interviene alla conclusione del procedimento di gara e post aggiudicazione provvisoria.=

Nessun accadimento successivo, salvo probabilmente l’annullamento della procedura o dell’aggiudicazione per vizi specifici, può rimettere in discussione l’atto che prelude alla verifica sulla congruità delle offerte e quindi all’aggiudicazione definitiva.=

2.- Analizzando gradatamente le varie problematiche, và premesso che il Giudice Amministrativo non ha mai sino ad oggi, per quanto a nostra conoscenza, rilevato profili di costituzionalità della norma ed anzi, ne ha dato un’applicazione estensiva.=

Vanno in primo luogo richiamate, le ragioni che hanno escluso l’esistenza della violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione.=

Per superare l’ostacolo, è stato affermato che “..Come già precisato, la norma che viene in considerazione, nel momento in cui esplicita che neanche le eventuali pronunzie giurisdizionali producono effetti, ai fini del calcolo delle medie di gara e dell’individuazione della soglia di anomalia, contempla espressamente la possibilità che tali pronunzie possano intervenire, seppur, in ossequio a quanto espressamente prescritto, non sono idonee a modificare il meccanismo di aggiudicazione già svolto, ma dispiegano i loro effetti esclusivamente su un piano risarcitorio.

Conseguentemente la piana lettura della norma conduce a ritenere che il Legislatore non ha inteso inibire la tutela in giudizio delle posizioni soggettive, ingiustamente lese da provvedimenti illegittimi delle stazioni appaltanti, ma, nel bilanciamento dei diversi interessi che vengono in rilievo, ha ritenuto che l’ipotizzata lesione debba essere sempre compensata per equivalente e non in forma specifica.

Ritiene il collegio che il fatto che la norma che viene in rilievo non precluda la possibilità di ottenere in giudizio la piena tutela delle posizioni soggettive ingiustamente lese, esclude la sussistenza dei prefigurati vizi di incostituzionalità, rientrando nel legittimo esercizio del potere legislativo individuare gli strumenti processuali ammissibili, purché il relativo giudizio non risulti eccessivamente gravoso, ovvero inidoneo alla piena tutela della posizione lesa.

Nessuno di tale limite risulta superato dalla scelta di prevedere esclusivamente la tutela risarcitoria per equivalente, nella opportuna composizione dei diversi interessi coinvolti.

In considerazione del fatto che alla fondatezza del ricorso principale consegue il diritto della ricorrente al risarcimento del danno subito da parte della ricorrente, deve quindi essere esaminata la relativa domanda da questi proposta” (così, TAR Palermo, Sezione Terza, numero 639/2015).=

Ed ancora che, “per evitare qualunque dubbio di legittimità costituzionale, va precisato che per l’interessato – ostacolato dalla norma nell’acquisire il bene della vita cui aspirava (ossia l’aggiudicazione, la stipulazione e l’esecuzione) – resta impregiudicata la possibilità del rimedio risarcitorio per equivalente nonché le connesse responsabilità dell’amministrazione e dei funzionari per il loro operato. Peraltro, concentrando la tutela sul risarcimento del danno per equivalente, si estende l’applicazione di istituti già sperimentati in altri settori, seppure sotto diverso aspetto (si veda, ad esempio, l’art. 125, commi 3-4, c.p.a.)” (così, Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia, 22.12.2015 n. 740).=

Tale concorde orientamento, si presta a due immediate critiche:

2.a.- La possibilità di ricorrere alle regole ermeneutiche è subordinata all’esistenza di una norma che si presti a varie interpretazioni, ovvero che contenga al suo interno il precetto che si vuole affermare (“in claris non fit interpretatio”).=

Tuttavia nella specie, il comma 2-bis dell’articolo 38, non prevede affatto un risarcimento per equivalente, ma solo il criterio convenzionale per l’individuazione dell’aggiudicatario; esso invero, non riconosce a tal fine alcuna posizione qualificata, nemmeno al soggetto che, pur se fosse stata seguito un procedimento emendato dai vizi da egli dedotti, avrebbe consentito un’aggiudicazione in suo favore, tuttavia impedita dalla regola dell’”invarianza”.=

L’interprete dunque, non può operare una interpretazione additiva, al fine di salvare dalla incostituzionalità la norma, che non contenga affatto il precetto; ovvero, in tal modo si giungerebbe ad una non consentita modificazione delle potenzialità semantiche della disposizione.=

Le decisioni che sino ad oggi hanno ritenuto conforme a Costituzione la norma, sul presupposto della risarcibilità per equivalente, non appaiono pertanto condivisibili (soprattutto, nella considerazione che in tal modo si è evitata la rimessione alla Corte Costituzionale).=

A conferma, il Consiglio di Stato con la decisione della Quinta Sezione 2609/2015, ha statuito che “neppure può ritenersi, come sostenuto in udienza dalla difesa dell’appellante, che la norma in questione esaurisca la sua funzione con l’escludere che ricorsi aventi impostazione simile a quello in esame possano far conseguire a chi li propone l’aggiudicazione, lasciando però intatta la possibilità di accedere negli stessi casi ad una tutela risarcitoria per equivalente.

La nuova norma, come si è appena detto, non ha, invero, natura processuale, ma ha articolato l’andamento del procedimento di evidenza pubblica, stabilendo che una volta effettuato il calcolo della media, ed individuata la soglia di anomalia, qualsiasi successiva variazione, anche ove discendente da una pronuncia giurisdizionale, non giustifica il suo rifacimento.

Tanto il calcolo della media delle offerte quanto la determinazione della soglia di anomalia attengono, d’altra parte, a dati convenzionali, sicché il legislatore, nell’esercizio delle proprie scelte discrezionali, ben può circoscrivere gli elementi rilevanti per la definizione di entrambe le grandezze, nello specifico negando rilevanza alle sopravvenienze cui la norma in questione ha avuto riguardo.

In altri termini, la nuova norma disconosce in radice qualunque forma di protezione giuridica per l’interesse sostanziale dell’impresa che prospetti la necessità della rinnovazione di una fase del procedimento, in quanto il legislatore ha posto la regola della irrilevanza di alcune sopravvenienze, per rendere più stabili gli esiti finali del procedimento ed evitare che – anche ipoteticamente – possano esservi iniziative distorsive della leale concorrenza tra le imprese”.=

La decisione pertanto, se d’un canto esclude qualsiasi risarcimento per equivalente, dall’altro però conferma i dubbi di costituzionalità della norma che non garantisce alcuna tutela giurisdizionale al soggetto che si ritiene leso da un’aggiudicazione illegittima.=

Ma soprattutto, priva il Giudice Amministrativo di esercitare quelle funzioni giurisdizionali espressamente previste dall’articolo 113 della Costituzione, sottraendo una materia delicatissima come la procedura di appalto al controllo del suo Giudice naturale (tale non potendosi ritenere l’ANAC, che svolge compiti, certamente di grande rilevanza, ma di natura amministrativa).=

2.b.- Ferma restando la chiarezza della appena citata decisione del Consiglio di Stato 2609/2015, il risarcimento per equivalente è comunque escluso in applicazione degli ordinari principi di diritto civile.=

L’articolo 38, comma 2 bis, per come modificato, cristallizza la media ad un determinato momento (quello successivo alla gara di regolarizzazione).=

Tale media non può subire alcuna modificazione e, negli appalti con esclusione automatica alle offerte anomale, costituisce anche il parametro per individuare l’aggiudicataria.=

A conferma, è esclusa il risarcimento in forma specifica.=

Così stando le cose, come precisato dall’appena citata decisione del Consiglio di Stato 2609/2015, la ricorrente non gode di alcuna posizione qualificata e tutelata, e non potrebbe ottenere mai il bene della vita cui aspira, ossia l’aggiudicazione dell’appalto; conseguentemente, non può vantare alcun diritto al risarcimento per equivalente, che costituisce rimedio alternativo e residuale rispetto al primo.=

Ne conseguono due ovvie considerazioni.=

La prima è che è la stessa norma ad escludere l’antigiuridicità della condotta, dalla quale trae origine il pregiudizio lamentato.=

Il Giudice invero, non può valutare se la ricorrente possa o meno divenire aggiudicataria, giacché tale valutazione è preclusa dalla norma di legge che utilizza espressamente il termine “…non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte…”.=

E’ quindi escluso, proprio sulla base di ciò, che il giudice possa indagare per identificare gli elementi costitutivi della responsabilità ex articolo 2043 del codice civile.=

Inoltre, non può nemmeno configurarsi il dolo o la colpa grave della stazione appaltante, la quale è obbligata ad osservare la normativa vigente.=

Ancora, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno viene esclusa dalla norma.=

L’evento dannoso quindi, non è ingiusto ed il danno patrimoniale conseguente non configurabile, avendo il legislatore escluso la possibilità di ottenere l’aggiudicazione, ossia il bene della vita.=

Viene quindi meno, anche il nesso eziologico tra fatto illecito ed il danno subito, venendo meno l’imputazione dell’evento lesivo.=

Sulla base di tali logiche considerazioni, và sempre esclusa la risarcibilità del danno.=

A ciò si aggiunga che, l’interpretazione contraria, fornita sino ad ora dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’illegittimità degli atti della procedura dispiegherebbe effetti esclusivamente su un piano risarcitorio, condurrebbe ad effetti paradossali, incidenti in maniera devastante sull’erario pubblico.=

Tale interpretazione invero, vedrebbe l’amministrazione d’un lato impossibilitata ad intervenire – in via autonoma, laddove si rendesse conto di aver errato, o in esecuzione del provvedimento giurisdizionale che statuisca sulla illegittimità degli atti – sostituendo l’aggiudicatario (soggetto che comunque concluderà i lavori e dovrà essere pagato) e dall’altro, costretta a dover sempre corrispondere il risarcimento dei danni nei confronti del soggetto che non ha potuto conseguire l’aggiudicazione.=

Se la tutela fosse sempre il risarcimento del danno per equivalente, come ipotizzato dalla giurisprudenza – senza alcuna possibilità di subentro nel contratto o di stipula del contratto nei confronti del legittimo aggiudicatario – è evidente che si configurerebbe un automatico aggravio per la sola amministrazione appaltante ed altrettanto automatico venir meno di ogni interesse o legittimazione passiva processuale dell’impresa aggiudicataria.=

Ma tale interpretazione è stata esclusa dallo stesso legislatore, il quale non è intervenuto a riformare il codice del processo amministrativo nella parte in cui riconosce quale bene primario sempre il subentro nel contratto (anche in applicazione delle norme comunitarie che sanciscono l’obbligo di garantire un’effettività della tutela con il riconoscimento del bene della vita cui si aspira).=

2.c.- Infine, non appare condivisibile il riferimento all’articolo 125 c.p.a contenuto  nella decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa numero 740/2015, secondo cui “..Per evitare qualunque dubbio di legittimità costituzionale, va precisato che per l’interessato – ostacolato dalla norma nell’acquisire il bene della vita cui aspirava (ossia l’aggiudicazione, la stipulazione e l’esecuzione) – resta impregiudicata la possibilità del rimedio risarcitorio per equivalente nonché le connesse responsabilità dell’amministrazione e dei funzionari per il loro operato. Peraltro, concentrando la tutela sul risarcimento del danno per equivalente, si estende l’applicazione di istituti già sperimentati in altri settori, seppure sotto diverso aspetto (si veda, ad esempio, l’art. 125, commi 3-4, c.p.a.).=

Tale norma invero, recante “Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche”, non è affatto attinente alle problematiche qui esaminate.=

Essa dispone testualmente che “..1. Nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, oltre alle disposizioni del presente Capo, con esclusione dell’articolo 122, si applicano le seguenti previsioni.

2. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonchè del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

3. Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente”.=

Appare evidente che in tal caso:

–       non è affatto preclusa l’aggiudicazione definitiva;

–       il risarcimento per equivalente viene espressamente prospettato (a differenza dell’articolo 38, nel quale non è affatto previsto), ma solo come tutela residuale, in relazione al “..preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera”, tanto con riferimento alla domanda cautelare che agli effetti della sospensione o dell’annullamento sul contratto già stipulato.=

In definitiva, il riconoscimento del risarcimento per equivalente appare, per le ragioni sopra esposte, uno strumento erroneamente applicato, che però ha sinora consentito di evitare la rimessione della questione alla Corte Costituzionale.=

3.-   Occorre a tal punto, ma solo per completezza e ferme le superiori considerazioni, esaminare le varie opzioni adottate dalla giurisprudenza amministrativa, in ordine al segmento procedimentale in cui interverrebbe la preclusione dell’”invarianza” e dello jus poenitendi dell’Ente pubblico.=

Al riguardo, per la sua autorevolezza e completezza, si richiama integralmente la più volte citata decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa numero 740/2015, che ha precisato:

4.1. Per una prima tesi il legislatore del 2014 avrebbe vietato, oltre che la rideterminazione della media e della soglia di anomalia in sede giurisdizionale, anche la possibilità per l’amministrazione di agire in autotutela rispetto agli atti di ammissione alla (o di esclusione dalla) gara già disposti dall’amministrazione in sede di verifica. La finalità della disposizione in questione sarebbe quella di evitare che, intrapresa la gara, la stazione appaltante possa strumentalmente decidere di rivedere in autotutela precedenti atti di ammissione o esclusione allo scopo di favorire un determinato operatore economico. Per questa opinione, poi, all’impresa danneggiata dal divieto di agire in autotutela (ossia l’impresa che sarebbe stata aggiudicataria se la stazione appaltante, accortasi dell’errore, avesse potuto annullare la precedente ammissione o esclusione) non spetterebbe neppure il diritto al risarcimento del danno perché “il calcolo della media delle offerte quanto la determinazione della soglia di anomalia attengono … a dati convenzionali, sicché il legislatore, nell’esercizio della proprie scelte discrezionali, ben può circoscrivere gli elementi rilevanti per la definizione di entrambe le grandezze, nello specifico negando rilevanza alle sopravvenienze cui la norma in questione ha avuto riguardo” (Cons. St., V, 26 maggio 2015 n. 2609), dovendosi disconoscere “in radice qualunque forma di protezione giuridica per l’interesse sostanziale dell’impresa che prospetti la necessità della rinnovazione di una fase del procedimento, in quanto il legislatore ha posto la regola della irrilevanza di alcune sopravvenienze, per rendere più stabili gli esiti finali del procedimento ed evitare che – anche ipoteticamente – possano esservi iniziative distorsive della leale concorrenza tra le imprese” (ancora Cons. St., V, 26 maggio 2015 n. 2609).

4.2. Per una seconda opinione, invece, la norma andrebbe interpretata in modo restrittivo dovendo prevalere sempre la possibilità per l’amministrazione di agire in autotutela. Per questa tesi il divieto di rivedere medie e soglie opererebbe solo dopo che l’amministrazione, avendo fatto uso del potere di soccorso istruttorio (come è noto ampliato proprio dal d.l. 90/2014), ha definitivamente deciso di ammettere o escludere un operatore. In altri termini, il principio generale di cura permanente degli interessi pubblici (sotteso al potere di agire in autotutela) giustificherebbe l’interpretazione restrittiva della norma relegandola solo all’ipotesi in cui l’ammissione o l’esclusione siano stati disposti a seguito dell’esercizio del soccorso istruttorio, così collegandosi la prima parte dell’articolo 38, comma 2 bis cod. contratti con la seconda parte.

4.3. Per una terza opinione, infine, la norma deve essere applicata privilegiandone l’interpretazione letterale e vietando dunque all’amministrazione di agire in autotutela dopo la decisione di ammettere o escludere l’operatore facendo però salva, anche per ragioni di compatibilità con il dettato costituzionale, la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni.

5. A giudizio del Collegio, sotto un primo aspetto, la disposizione in questione – certamente incentrata sulla congiunzione “anche” nonché sulla locuzione “nella procedura” – va interpretata nel senso di non permettere qualsiasi successiva variazione della media e della soglia di anomalia o per effetto di una pronuncia giurisdizionale o in ragione di provvedimenti adottati dall’amministrazione in sede di autotutela. Tale conclusione risulta essere certamente una novità nel panorama legislativo e nell’ambito del diritto vivente che, sino a prima della disposizione in questione, aveva sempre assicurato una tutela effettiva giungendo sino al ricalcolo della media e della soglia di anomalia. I pur legittimi dubbi avanzati da parte di alcuni sulla razionalità della norma, tuttavia, si scontrano con la constatazione che tale interpretazione risponde alla finalità perseguita dal legislatore di giungere alla rapida stipulazione ed esecuzione del contratto.

Per evitare qualunque dubbio di legittimità costituzionale, va precisato che per l’interessato – ostacolato dalla norma nell’acquisire il bene della vita cui aspirava (ossia l’aggiudicazione, la stipulazione e l’esecuzione) – resta impregiudicata la possibilità del rimedio risarcitorio per equivalente nonché le connesse responsabilità dell’amministrazione e dei funzionari per il loro operato. Peraltro, concentrando la tutela sul risarcimento del danno per equivalente, si estende l’applicazione di istituti già sperimentati in altri settori, seppure sotto diverso aspetto (si veda, ad esempio, l’art. 125, commi 3-4, c.p.a.).

Né in senso diverso può affacciarsi il dubbio di compatibilità con la disciplina comunitaria perché la direttiva 66/2007 ha imposto l’inefficacia del contratto nei casi previsti dall’articolo 2 quinquies dir. 21 dicembre 1989 n. 89 (come modificata dalla direttiva 66 del 2007) – ipotesi queste che non ricorrono nella presente controversia – lasciando al legislatore nazionale la scelta sul tipo di tutela da accordare (in forma specifica o per equivalente) nelle altre ipotesi.

6. Sotto altro aspetto – ribadito per il giudice sia il divieto di procedere alla rideterminazione della soglia di anomalia su richiesta del ricorrente sia il potere (se vi è domanda in tal senso) di disporre il risarcimento del danno – occorre comprendere da quale momento per l’amministrazione opera il divieto di agire in autotutela. Come prima ricordato, la legge utilizza la locuzione “successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte” imponendo all’interprete di capire se per l’amministrazione il divieto di agire in autotutela scatta già dal momento in cui ha ammesso o ha escluso la singola impresa o da altro e differente momento.

Per una prima opinione, come accennato § 4, l’utilizzo della locuzione “successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte” significherebbe che l’amministrazione non può “ritornare sui suoi passi”, agendo in autotutela, dopo che, nel momento destinato alla verifica dei requisiti, ha ammesso o escluso un operatore economico e, dunque, già sin dalla seduta in cui, aperta la busta, è stata decisa l’ammissione o l’esclusione. A maggior ragione, la stazione appaltante non dovrebbe poter fare ciò in un momento successivo quale è quello dell’aggiudicazione provvisoria o dell’aggiudicazione definitiva. In altri termini, ammesso o escluso un operatore economico, l’amministrazione non potrebbe rivedere la sua scelta a prescindere dal momento in cui si è accorta dell’errore (prima dell’aggiudicazione provvisoria, dopo l’aggiudicazione provvisoria e prima di quella definitiva, dopo l’aggiudicazione definitiva). L’operatore pretermesso non avrebbe la possibilità di ottenere una ‘revisione’ in autotutela dell’operato dell’amministrazione (e l’aggiudicazione in suo favore) e, potrebbe agire solo per il risarcimento del danno, un volta accolta la prospettiva di cui al § 4.3.

7. A giudizio di questo Consiglio deve prevalere una diversa, e più coerente, interpretazione della norma che porta a limitare, per effetto della disposizione più volte richiamata, il potere dell’amministrazione di agire in autotutela solo dopo che la stazione appaltante ha adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva. In altri termini, nonostante il fatto che la norma possa legittimare una diversa interpretazione (maggiormente restrittiva del potere dell’amministrazione di agire in autotutela, escludendo tale possibilità sin dall’atto di ammissione o di esclusione), per il Consiglio, ragioni di carattere sistematico e logico impongono la soluzione che esclude il potere della stazione appaltante di agire in autotutela solo dopo l’adozione dell’atto di aggiudicazione definitiva, rimanendo possibile prima di tale momento. Militano in tale direzione i seguenti argomenti:

a) in primo luogo, dal punto di vista sistematico, va ricordato che l’articolo 11 cod. contratti individua le diverse fasi della procedura di evidenza pubblica – decreto o determina a contrarre, selezione dei contraenti, selezione dell’offerta, aggiudicazione definitiva, stipulazione del contratto – e tra queste non contempla la c.d. “fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte”; conseguentemente l’interprete deve ritenere che il divieto di ricalcolo delle soglie e delle medie operi solo dopo la conclusione di una “fase effettiva” della procedura di evidenza pubblica, fase questa individuabile proprio con il provvedimento di aggiudicazione definitiva;

b) in secondo luogo, sempre sotto un profilo sistematico, va osservato che l’atto di aggiudicazione provvisoria, pur essendo autonomamente impugnabile, non è individuabile come provvedimento conclusivo della procedura di evidenza pubblica, tanto da legittimare la giurisprudenza (ex multi, Con. St., IV, 14 maggio 2015 n. 2455; Con. St., III, 27 novembre 2014 n. 5877) ad escludere, seppure in modo non sempre pacifico, l’obbligo di avviso di avvio del procedimento volto all’annullamento o alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria (avviso di avvio che, invece, si configura come obbligatorio nel caso di aggiudicazione definitiva); in altri termini, proprio perché la “provvisoria determinazione non costituisce ancora la definitiva scelta del soggetto aggiudicatario della gara” (ancora Con. St., IV, 14 maggio 2015 n. 2455) sarebbe incoerente escludere la possibilità di rivedere le precedenti decisioni prese;

c) in terzo luogo, e ancora in via sistematica, va aggiunto che, se non si consentisse anche dopo la novella del 2014, alla stazione appaltante di rivedere gli esiti delle preliminari decisioni assunte durante la gara, purché prima dell’aggiudicazione definitiva, difficilmente si comprenderebbe quale attività di controllo l’organo competente ad adottare l’atto di aggiudicazione definitiva deve effettuare sugli atti compiuti dal seggio di gara sino all’aggiudicazione provvisoria;

d) in quarto luogo, così interpretando la norma, si coordina meglio la novella del 2014 con il principio di carattere generale di cura permanete dell’interesse pubblico sotteso al potere di autotutela amministrativa;

e) in quinto luogo, sotto un profilo logico, permettendo all’amministrazione di ravvedersi prima dell’aggiudicazione definitiva – senza frustrare le esigenze di celerità perseguite dalla norma (mentre diversa sarebbe la conclusione se fosse consentito all’amministrazione di ravvedersi dopo l’aggiudicazione definitiva) – si evita che l’amministrazione, pur essendosi accorta dell’errore, debba mantenere ferma l’aggiudicazione in favore di un operatore che non lo merita, esponendosi conseguentemente all’azione risarcitoria avanzata da chi, se la gara fosse stata condotta legittimamente, sarebbe risultato aggiudicatario”.=

Allo stato, questo è l’indirizzo prevalente, ovvero limitare il potere dell’amministrazione di agire in autotutela solo dopo che la stazione appaltante ha adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva. =

Così, tra le tante, il Consiglio di Stato con la decisione SEZ. III, 5 ottobre 2016, n. 4107, che afferma “..secondo il Collegio l’art. 38, comma 2-bis, ultimo periodo, del d.lgs. 163/2006, introdotto dall’art. 39, comma 1, del d.l. 90/2014 (“ … successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte … ”) va interpretato (cfr. CGA, n. 740/2015) nel senso che che debba ritenersi precluso (…) un intervento in autotutela soltanto dopo che sia stata adottata l’aggiudicazione definitiva”.=

4.- Restano da esaminare i profili di criticità, tanto sul piano del rispetto del dettato costituzionale che delle conseguenze sostanziali che la norma, comunque interpretata, presenta.=

Il suo fine, come ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, sarebbe quello di garantire la celerità e la stabilità del procedimento.=

Tuttavia:

a.- Il principio della deflazione del contenzioso non può mai pregiudicare il diritto di difesa garantito dall’articolo 24 delle Costituzione, né limitarlo (ove si ammettesse il risarcimento del danno).=

Si giunge invero, ad un sostanziale diniego di giustizia e la creazione di un inammissibile “buco nero”.=

Si veda ad esempio la decisione del Consiglio di Stato della Quinta Sezione 2609/2015, che negando – a nostro modo di vedere, in base al dettato della norma, correttamente – tanto l’aggiudicazione in forma specifica che per equivalente, esclude qualsiasi forma di tutela.=

E’ al contempo evidente la violazione dell’articolo 113 della Costituzione che, individuando quale giudice naturale quello amministrativo, dispone testualmente: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa [241, 1031, 2, 1251].

Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugna zione o per determinate categorie di atti”. =

b.- Comunque, nel caso in cui si riconosca il risarcimento per equivalente, la norma si porrebbe in espresso contrasto con il noto principio comunitario, espresso nella direttiva ricorsi, secondo cui va assolutamente privilegiata l’esecuzione in forma specifica, costituendo il risarcimento per equivalente un rimedio meramente residuale.=

Tale esigenza, è garantita oggi dal complesso sistema normativo, che mira appunto ad evitare la stipula del contratto, prima di una pronunzia giurisdizionale, seppur cautelare.=

 La direttiva ricorsi infatti, introduce la necessità della clausola “stand still” affermando al considerando 4 che “…Fra le carenze constatate figura in particolare l’assenza di un termine che consenta un ricorso efficace tra la decisione d’aggiudicazione di un appalto e la stipula del relativo contratto. Ciò induce talvolta le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori desiderosi di rendere irreversibili le conseguenze di una decisione d’aggiudicazione contestata a procedere molto rapidamente alla firma del contratto. Per rimediare a questa carenza, che costituisce un serio ostacolo ad un’effettiva tutela giurisdizionale degli offerenti interessati, vale a dire coloro che non sono stati ancora definitivamente esclusi, è opportuno prevedere un termine sospensivo minimo, durante il quale la stipula del contratto in questione è sospesa, indipendentemente dal fatto che quest’ultima avvenga o meno al momento della firma del contratto…” .=

D’altro canto, il carattere residuale del risarcimento per equivalente emerge in maniera univoca dall’articolo 2058 del codice civile.=

Ed è inopinabile che in presenza di istituti che provengono dal diritto civile, semplicemente estesi al giudizio amministrativo, il punto di partenza, ma anche quello di arrivo, non può che essere il diritto civile; al quale, in mancanza di disposizioni specifiche, non è consentito derogare in virtù del preteso “dogma” della specialità del diritto amministrativo.

c.- Sempre con riferimento ai citati principi costituzionali, è evidente la violazione dell’articolo 97 per irragionevolezza, privilegiandosi il fine “.. meglio l’esecuzione dell’appalto derivante da una illegittima aggiudicazione, che attendere i tempi del giudizio”.=

Il che appare ancora più inspiegabile considerata la particolare ed eccezionale celerità del rito che spesso conduce a decisioni, attraverso la sentenza “breve” adottata in Camera di Consiglio, in qualche decina di giorni.=

Ciò, fermo restando che il giudice amministrativo, nella fase cautelare, ha il potere di prendere ogni decisione opportuna, attraverso il bilanciamento degli interessi tipico di tale fase, per consentire eventualmente l’immediata esecuzione (ad esempio, in caso di scadenza di un finanziamento).=

d.- Ancora, la soppressione dello jus poenitendi si pone in contrasto con vari principi costituzionali.=

L’istituto giuridico dell’autotutela amministrativa risponde invero a delle specifiche esigenze di buon andamento, legalità ed imparzialità che sono postulate dall’articolo 97 della Costituzione.=

Inoltre, lo stesso trova altro fondamento giuridico anche dai principi di economicità, di efficacia, e trasparenza a cui sono tenute le singole Pubbliche Amministrazioni in relazione all’art. 1, comma primo, Legge nr 241/1990 (trovando poi la specifica disciplina nell’articolo 21 del medesimo testo normativo).=

Rimuovendo in sede di autotutela l’atto non conforme alla legge, il soggetto pubblico ripristinerebbe la situazione di legalità, nel pieno rispetto del dettato costituzionale.=

Ancora, con riferimento alle autonomie locali, il decentramento amministrativo costituisce uno dei principi fondamentali dell’organizzazione amministrativa e un corollario dell’ordinamento democratico, essendo finalizzato a realizzare la partecipazione effettiva della collettività all’esercizio e alla cura degli interessi pubblici attraverso l’esercizio diretto delle funzioni amministrative.=

È enunciato nell’art. 5 della Costituzione., in base al quale “la Repubblica italiana, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.=

L’art. 97, co. 2, specifica che “nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”; il principio del decentramento è altresì previsto agli art. 114-133, Titolo V, parte II, della Costituzione, laddove si descrive l’assetto organizzativo della Repubblica.=

Oggi dunque, viene esclusa o fortemente limitata l’autonomia dell’Ente locale e in genere pubblico.=

Inoltre, sotto un profilo sostanziale, ove si aderisse alla ipotesi che consenta il risarcimento per equivalente, verrebbero prodotti effetti paradossali, incidenti peraltro in maniera devastante sull’erario pubblico.=

Tale interpretazione invero, vedrebbe l’amministrazione d’un lato impossibilitata ad intervenire – in via autonoma, laddove si rendesse conto di aver errato, o in esecuzione del provvedimento giurisdizionale che statuisca sulla illegittimità degli atti – sostituendo l’aggiudicatario (soggetto che comunque concluderà i lavori e dovrà essere pagato) e dall’altro, costretta a dover sempre corrispondere il risarcimento dei danni nei confronti del soggetto che non ha potuto conseguire l’aggiudicazione.=

e.- Una ultima ed ovvia considerazione sul piano degli effetti sostanziali della normativa dettata dall’articolo 38 comma 2-bis qui commentato.=

La circostanza che l’aggiudicazione definitiva precluda qualsiasi rimedio giurisdizionale, se non eventualmente quello risarcitorio, costituisce una potenziale fonte di condizionamento illecito, incidendo sulle fasi prodromiche, astrattamente manipolabili per il perseguimento di un esito non più modificabile.=

Sembra che, escludere il controllo giurisdizionale sulla legittimità della procedura, consentendo l’esecuzione anche a fronte di macroscopiche illegittimità, contrasti con i più elementari principi di trasparenza e correttezza delle procedure concorsuali.=

Avvocato Ignazio Scuderi

Category: -->Giurisprudenza, Contratti

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