LA SHARI’A E LA PERMEABILITÀ DELL’ORDINAMENTO ITALIANO – Emanato il decreto sui limiti dimensionali degli atti di parte.

24 Dicembre 2016 | By More

Superata la classica e tassativa indicazione della fonti dell’art. 1 delle preleggi, forse a seguito del trasformatore permanete dell’art. 10 Cost., la proliferazione delle fonti del diritto ha consentito l’insediarsi nell’organismo vivente dell’ordinamento italiano di precetti alieni che consentono ai giudici ed alla forza pubblica (sua longa manus) di modellare le libertà dei cittadini.

Da qui la soft law, gli accordi regolatori del processo (fuori dal codice di rito), gli editti delle autorità indipendenti (specie di alcune), etc. che obbediscono al più classico dei princìpi: chi ha il potere detta le regole, più noto al popolo nella vulgata: “chi paga sceglie la musica”.

L’ultima perla (comunque giustificata da una fonte normativa primaria) è il decreto di S. E. Il Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22.12.2016 che, a mo’ di regalo alla classe forense e, per essa, agli amministrati tutti, detta i criteri su come scrivere i ricorsi e le difese.

Manco a dirlo le regole poste sfuggono al novero dei fenomeni naturali bidirezionali in quanto gli avvocati debbono rispettarle ma i giudici no!

Ma cosa c’entra la shari’a.

Semplice! In un periodo in cui la permeabilità degli ordinamenti aumenta e l’Italia e l’Europa (la Sicilia poi!) sono pericolosamente prossimi all’Islam ci vuol poco ad applicare alla fattispecie in trattazione la legge islamica la quale prevede che il furto venga punito con il taglio della mano destra e, in caso di recidività, venga mozzata anche la sinistra.

Furto di cosa? Ma, che diamine! del tempo; del tempo che i magistrati (ovviamente dediti solo alla lettura degli atti processuali e non ad attività di governo e sottogoverno, di giustizia privata, di lucroso insegnamento, etc.) impiegano per comprendere le ragioni di doglianza ed emettano una giusta sentenza prima che il ricorso muoia di morte naturale per perenzione quinquennale com’è successo già a centinaia di migliaia di ricorsi nel passato. La celerità del giudizio serve ad impedire che i ricorsi muoiano prima di essere decisi.

E non pensino gli incorreggibili prolissi avvocati, privati di entrambe le mani per aver commesso furto ai danni dei giudici per ben due volte, di ricorrere ad un sistema di dettatura elettronica (o riconoscimento vocale) o di dilungarsi in interminabili discussioni orali perché, avuto “riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe” (art. 12 preleggi), si corre il rischio del taglio della lingua non previsto dalla shari’a – perché impedirebbe di assolvere all’obbligo della preghiera – ma che il laico ordinamento italiano non avrebbe alcuna remora ad applicare.

Buon Natale

Nicola D’Alessandro

______________________

Per leggere il decreto cliccare sul link D. PCS n. 167/2016

Category: Area Riservata, Processo amministrativo

About the Author ()

Comments are closed.