INTRODUZIONE DEL PRESIDENTE DEL TAR CATANIA DOTT. ANTONIO VINCIGUERRA

12 Maggio 2016 | By More

Antonio Vinciguerra

Presidente del T.A.R. Sicilia – Sezione di Catania

INTRODUZIONE

 

Nella ricerca di garanzie a tutela della legalità nelle procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti pubblici la vigente normativa lascia ampio spazio alla discrezionalità delle amministrazioni nella valutazione degli indizi utili a determinare le interdittive delle imprese sospette di rapporti con la criminalità e la conseguente gestione commissariale delle stesse.

Se da un lato vengono alla luce le esigenze di legalità e di trasparenza dell’azione dei pubblici poteri, nonché le esigenze della sicurezza, dall’altro sorge la necessità di contemperamento con i valori costituzionali protetti.

Il Consiglio di Stato, nell’ambito della sentenza n. 868 del 29 febbraio scorso, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’interdittiva antimafia.

La pronuncia ha ricordato che costante giurisprudenza, riguardo l’interdittiva antimafia, a rilevato l’ampiezza dei parametri fissati dalla legge, il carattere preventivo della misura e la natura meramente indiziaria dei presupposti di fatto che la legge richiede per la sua adozione.

Il collegio ha quindi ritenuto che per salvaguardare i principi di legalità e di certezza del diritto  l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto può essere sindacata dal giudice amministrativo solo nei limiti di evidenti vizi di eccesso di potere per manifesta illogicità e erronea e travisata valutazione dei presupposti e che in ogni caso la suddetta discrezionalità per quanto ampia, non possa in ogni caso essere esercitata sulla base del mero sospetto, ma previa individuazione di idonei e specifici elementi di fatto, che singolarmente o nel loro complesso siano obiettivamente sintomatici e rivelatori del rischio di collegamenti con la criminalità organizzata

Aspetti messi in lucealtresì nella sentenza n. 1102 del 2013 del T.A.R. di Catania.

La pronuncia ha riconosciuto che l’informativa antimafia atipica prevista dall’art. 10 del D.P.R. 252/1998 non richiede la prova certa e sicura dell’avvenuta infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa, bensì, al contrario, la disposizione di legge è strutturata in modo da attribuire rilievo a molteplici indizi che possano far desumere l’esistenza di un rischio di infiltrazione ad opera della criminalità organizzata.

In proposito la sentenza n. 2682 del 2012 del T.A.R. di Napoli ha chiarito, con pronunciamento inequivocabile, che l’ informativa interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Ciò che deve essere provato, infatti, non è l’intervenuta infiltrazione mafiosa, ma solo la sussistenza di elementi dai quali sia deducibile il pericolo di ingerenza. L’insieme degli elementi raccolti, poi, non vanno riguardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri.Tale atipicità degli elementi valutabili è il diretto frutto della ratio dell’istituto, da ravvisarsi nella necessità di anticipare la soglia di difesa sociale con una tutela avanzata nel contrasto alla criminalità organizzata, segnatamente nell’ambito degli appalti pubblici, per la sensibilità della materia in sé e dei valori coinvolti (effettività della tutela della concorrenza nel mercato, genuinità della scelta dell’ente aggiudicatore, tutela della finanza pubblica, ecc.).

Afferma la decisione n. 3104 del 2011 della Terza Sezione del Consiglio di Stato che coerentemente il Prefetto, nel rendere le informazioni antimafia, può basarsi non su specifici elementi, bensì effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro di indizi sufficientemente chiaro, preciso e non arbitrario, nel quale assumono rilievo preponderante fattori che inducano a ritenere che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni.

I pregressi indizi di contiguità con la criminalità organizzata possono essere superati solo se successivi comportamenti (riferibili ad una diuturna trasparente attività imprenditoriale) siano tali da scolorirne la rilevanza. Tuttavia, il mero trascorrere del tempo non può in quanto tale automaticamente fungere da fattore di riabilitazione. Nelle ipotesi in cui gli indizi addottati, sebbene non attuali rationetemporis, ma comunque non eccessivamente lontani, non esprimano una non lieve compromissione rispetto ad ambienti e logiche malavitose, rispetto alle quali, nonostante il trascorrere del tempo, non sia fornita alcuna riprova di una successiva dissociazione, non vi è ragione di ritenere implausibile una valutazione di permanenza di una condizione di contiguità mafiosa (in questo senso è la sentenza n. 1835 del 2010 del TAR di Napoli).

Ampia discrezionalità di valutazione, dunque, a fronte delle garanzie costituzionali a tutela dell’impresa e a salvaguardia dei livelli occupazionali e della produttività. Argomenti che costituiscono il tema dell’odierno dibattito.

Category: Convegno 2016, Informativa antimafia

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